L’evoluzione delle normative di sicurezza: dd.lgs. nn. 626/1994 e 242/1996

Con notevole ritardo rispetto alla loro emanazione, nel 1994 il D.Lgs. n. 626 introduce nell’ordinamento italiano otto direttive CEE degli anni 89-90, allineando la normativa italiana a quella europea.

Prima di analizzare il D.Lgs. n. 626 ci sembra necessario introdurre un discorso più generale sulle fonti italiane del diritto, ed in particolare del diritto relativo all’ argomento di cui .ci occupiamo, anche per fornire ai lettori le definizioni dei termini giuridici che dovremo necessariamente utilizzare.

Cardine di tutto l’ordinamento giuridico italiano e la Costituzione della Repubblica, approvata dalla Assemblea Costituente nel 1946; essa denuncia i principi fondamentali del nostro Stato, ed ogni norma ritenuta in contrasto con essa può essere impugnata davanti alla Corte Costituzionale la quale, se riscontra questa «divergenza» annulla parzialmente o totalmente la norma o la sua parte contrastante con la Costituzione.

Le leggi vengono approvate dai due rami del Parlamento, promulgate dal Presidente della Repubblica e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale (G.U.); entrano in vigore di norma 15 giorni dopo la loro pubblicazione, salvo disposizione diversa.

In casi di straordinaria necessità ed urgenza, come previsto dalla Costituzione, il Governo può emettere un Decreto-Legge (abbreviato in D.L.) il quale, emanato dal Capo dello Stato, entra in vigore immediatamente il giorno stesso della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Il Parlamento ha 60 giorni per convertirlo in

legge, eventualmente con modifiche al testa; in caso di mancata approvazione entro

i 60 giorni il D.L. decade, e perde efficacia sin dall’inizio.

Il Decreto Legislativo (D.Lgs. o D.Lvo) viene emesso dal Governo su delega del Parlamento, quando sia necessario formulare norme complesse in settori particolarmente tecnici; non ha quindi necessita di approvazione del Parlamento, il quale ha appunto delegato il Governo alla sua emanazione. Data la complessità delle norme, in genere il Decreto Legislativo lascia passare un tempo più lungo dei 15 giorni tra la pubblicazione e la entrata in vigore.

Il Decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.) e pure emanato su delega del Parlamento, in genere come regolamento tecnico di attuazione della legge con cui il Parlamento ha fissato alcuni principi generali; anche in questo caso normalmente l’ entrata in vigore è  piuttosto lontana dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Tutti questi provvedimenti vengono indicati, per comodità, con un numero progressivo annuo distinto per leggi, D.L., D.Lgs, D.P.R., seguito dall’anno di emanazione. Così si parla del D.Lgs. n. 626/1994, del D.P.R. n. 303/1956, ecc.

Su alcune materie il Parlamento , con legge, può consentire l’emanazione di specifiche norme sotto forma di Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (D.P.C.M.), o di Decreti Interministeriali (D.L) emanati congiuntamente da due o più ministri su materie che li riguardano entrambi, o di Decreti Ministeriali (D.M.) emanati da un singolo ministro; anche tutti questi decreti devono essere pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, ma non hanno un numero progressivo. Si indicano perciò come «Decreto Ministeriale del 12 aprile 1996» e spesso si ha difficoltà a reperirli sulla Gazzetta in quanto a volte vengono pubblicati con molto ritardo rispetto alla loro data.

Su molti argomenti vengono poi emesse, da ciascun ministero, le Circolari Ministeriali che, pur essendo un fatto interno del singolo ministero, sono pubblicate

spesso sulla Gazzetta per l’interesse rilevante che hanno per molti cittadini.

Nell’ elencazione abbiamo seguito un ordine gerarchico, nel senso che una norma minore (D.M., D.P.R.) non può andare contro la disposizione di ordine superiore, e naturalmente nessuna pub andare contro la Costituzione.

Altra fonte di diritto sono, per alcune materie, le leggi regionali, pubblicate nei singoli Bollettini Ufficiali di ogni regione.

Nel diritto del lavoro assumono grande importanza anche i Contratti Collettivi di lavoro, i quali comunque vincolano soltanto le Aziende appartenenti alle Associazioni di categoria che hanno stipulato ogni singolo contratto.

A livello europeo, il Consiglio della Comunità Europea adotta una serie di Direttive CEE pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea (G.U.C.E.). Le direttive CEE sono definite con due numeri, il prima relativo all’anno di emanazione ed il secondo progressivo; così per esempio il nostro D.Lgs. n. 626/1994 recepisce, insieme ad altre, la direttiva n. 89/391/CEE.

Queste direttive entrano in vigore quando sono «recepite», cioè introdotte nella legislazione nazionale, .da una apposita legge, detta Legge Comunitaria la quale spesso delega il Governo ad emanare un apposito D.Lgs. o D.P.R. di attuazione. In questo recepimento, come in altri campi, l’Italia è cronicamente in ritardo rispetto agli altri Paesi CEE, ed infatti spesso abbiamo ricevuto sanzioni per la ritardata attuazione; ma è interessante notare che si sta affermando una linea di giurisprudenza, cioè di autorevoli sentenze, la quale riconosce alla direttiva CEE una validità quasi automatica, anche prima che sia stata introdotta nell’ ordinamento italiano la relativa legge. Ciò ha una sua logica in quanto l’Italia, come membro della CEE, non può lasciar cadere nel vuoto le direttive della Comunità,

Il D.Lgs. n. 626 è considerato, giustamente, una legge innovativa; conviene però tenere presente che esso rappresenta, più che l’introduzione di nuove norme, l’introduzione di un nuovo modo di pensare e costruire la sicurezza.

Dopa quasi diciotto mesi di polemiche e discussioni, vede la luce nel maggio 1996 il D.Lgs. n. 242/1996, che modifica una serie di disposizioni del precedente e sposta in avanti alcuni termini: si arriva quindi alla versione definitiva delle nuove norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro.

Le novità del 626 e del 242 sono più formali che sostanziali, salvo alcuni punti estremamente importanti:

−       l’istituzione in ogni azienda del Servizio di Prevenzione e Protezione;

−       la consultazione dei lavoratori, attraverso i loro rappresentanti appositamente designati, in materia di prevenzione e protezione;

−       la considerazione, come autonomi fattori di pericolo, dei videoterminali e della movimentazione manuale dei carichi;

−       l’ obbligo, per ogni Azienda, di redigere e conservare un documento di valutazione dei rischi esistenti, e delle misure programmate per la loro riduzione o eliminazione.

E’ evidente che, proprio attraverso la consultazione dei lavoratori, la norma intende mettere l’accento sul fatto che essi non sono più soggetti passivi, ma soggetti attivi della sicurezza; che questa non piove dal cielo o dalla direzione di fabbrica, ma deve nascere dalla base, con la creazione di una mentalità che potremmo chiamare «safety-oriented», cioè indirizzati alla sicurezza. Per questo, mentre viene rinnovato e sanzionato penalmente l’ obbligo aziendale di fornire al lavoratore i dispositivi di protezione necessari, viene anche previsto l’ arresto per quel lavoratore che omette di utilizzarli.

Le norme precedenti prescrivevano inoltre di «rendere edotti» i lavoratori dei rischi cui potevano andare incontro: questo si risolveva, in pratica, nella affissione di un certo numero di cartelli («vietato fumare, attenzione ai carichi  sospesi»), oggi e necessario invece che ogni lavoratore riceva una esplicita informazione (cartacea) ed una formazione, cioè una illustrazione verbale specifica ed approfondita, dei pericoli e dei rischi cui può essere esposto, e delle misure di protezione prese dall’ Azienda.

La grande novità del nuovo sistema e il principio della autotutela, secondo il quale ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza in quanto la sua integrità fisica, cioè la sua salute, è un «bene prezioso» che lo riguarda in prima persona e quindi interessa la sua sicurezza individuale nel rispetto della sicurezza collettiva. Da un sistema basato quasi esclusivamente sulla sicurezza delle macchine o tecnologica, che e senz’altro necessaria e indispensabile, si è passati ad un sistema di sicurezza integrata, che considera invece l’uomo, anziché  la macchina, al centro dell’ attenzione e della tutela antinfortunistica.

Le nuove norme hanno inoltre istituito e codificato l’informazione e la formazione, cioè l’aggiornamento, la preparazione e l’addestramento specifico dei lavoratori sulle norme di sicurezza.

Si è introdotto poi l’obbligo della consultazione e della partecipazione attiva dei singoli lavoratori attraverso il rappresentante dei lavoratori per far nascere e crescere la cultura della sicurezza.

Le nuove norme si applicano in tutti i casi di lavoro dipendente ed assimilato, quindi anche ai soci prestatori di lavoro, agli apprendisti, agli assunti con contratto di formazione e lavoro, agli studenti che frequentano laboratori, a chi effettua stages presso un’ Azienda; restano esclusi i lavoratori a domicilio, quelli addetti a servizi domestici, i portieri (salvo comunque il loro diritto ad informazione e formazione). Per questi ultimi, un recente accordo interconfederale prevede una formazione minima di 8 ore, di cui sette in aula ed una nello stabile in cui prestano la propria opera.

Ricordiamo che il d.lgs 626 del 1994 è stato abolito dal d.lgs 81 08 e corretto dal 106 del 2009.

link utile: Associazione nazionale formatori della sicurezza sul lavoro